lunedì 14 ottobre 2013

Il termine (naturale) delle cose


Andrea ed Emanuela, messaggeri angelici

Fino all’età di 30 anni circa, ho seguito il calcio come qualsiasi italiano medio.
Quindi senza discorsi e atteggiamenti da ultrà, senza violenza, ma guardando le partite della squadra del cuore, discutendo (civilmente) con amici e partenti tifosi di altre squadre, ecc. Per divertimento, insomma.
Non c’è un motivo per cui si nasce, ad esempio juventino o milanista.
Nella mia famiglia mio padre era tifoso del Napoli (pur non essendo napoletano) e mio fratello interista (pur non essendo mai stato a Milano). Io ero juventino.
Poi, negli anni ’80-’90, sono cominciate a venire allo scoperto storie di droga, di giocatori pagati a suon di miliardi, di partite comprate, ecc. e lì ho deciso che con me ‘quel’ calcio aveva chiuso.
Oggi guardo ancora qualche partita in tv, ma solo se non ho altro da fare, e mi informo, più per curiosità che per altro, sui risultati della domenica.
Tutto questo per dire che quando vengono a cadere determinati principi su cui si fonda un’idea o una situazione o una passione, bisogna guardare in faccia la realtà.
Questo blog è nato prima dell’estate per essere un posto dove, attraverso i messaggi dati ad Andrea ed Emanuela dagli esseri angelici, si potessero condividere emozioni e pensieri, esperienze e richieste.
Scrivevo nel post di apertura che … gli Angeli hanno affidato (ad Andrea e Emanuela) comunicazioni importanti per affrontare i nuovi tempi a cui stiamo andando incontro e che sono anzi già iniziati per chi vuol aderire alla Loro richiesta di esserne testimoni nel nome di Gesù. E continuavo dicendo che loro due mettevano a disposizioni il loro dono (… questo essere stati scelti come guide istruite sulla strada della vita) … senza pretendere nulla in cambio da nessuno se non la voglia di ascoltare.
Bene, a distanza di quattro mesi e mezzo -il primo post è del 29 maggio- è venuto il momento di guardare in faccia la realtà.
Il blog Il tuo angelo parla non è servito allo scopo per cui era nato, e cioé creare una piccola comunità di anime dialoganti.
Probabilmente perché una struttura come un blog non è facilmente avvicinabile e usufruibile da chi, invece, è abituato a strumenti di comunicazione più veloci e meno impegnativi come Facebook.
Ho anche notato che diversi di quelli che in questi mesi hanno lasciato il loro mi piace sulla pagina FB non sono poi andati a leggere effettivamente il post (la matematica non è un opinione: se dieci mettono mi piace e le visite al blog sono cinque, vuol dire che cinque hanno barato!).
Ma il punto non è di chi fa il furbo, visto che c’è anche chi i post li ha letti veramente e lasciato un commento sulla pagna Facebook.
È che questo blog, come dicevo sopra, non ha svolto il proprio compito.
Perciò, la conseguenza ovvia, naturale, è quella di chiuderlo.
Gli esseri di luce che chiamiamo Angeli non si stanno manifestando tramite Andrea ed Emanuela per scatenare in noi una reazione di buonismo o per farci fare a gara a chi pubblica l’immagine più bella e pucciosa. Sono qui per chiederci riflessione, preghiera, condivisione.
Questa situazione non è colpa di nessuno se non mia, che sono l’amministratore. Ho fatto un errore di valutazione, pensando che la forma-blog fosse la più adatta allo scopo di veicolare messaggi così importanti.
È vero che oltre a qualche pagina dal libro e alcune mie riflessioni non ho pubblicato niente di particolare, nessuna ‘scomunica’ o discorso anti-questo o anti-quello.
Ma quello è lo stile di Facebook e dei moderni falsi messaggeri e/o profeti, che pensano che solo parlando male di qualcuno possono dimostrare di essere loro stessi qualcuno.
Agli Angeli non interessa spaventare con messaggi del tipo: sta per cadere il sole, quindi cambiate vita! La conversione del cuore è una cosa lenta che nasce dall’ascolto e dalla riflessione.
Agli Angeli non interessa dire: tizio non è un nostro inviato perché brutto sporco e cattivo. I messaggi degli Angeli sono messaggi d’amore, non di odio e discredito. Anche perché i falsi messaggeri alla fine si scoprono e sbugiardano da soli.
Perciò questo è l’ultimo post di questo blog.
Il blog resterà comunque visibile, affinché si possa andare a rileggere gli articoli pubblicati, ma non verrà più aggiornato.
Grazie a chi ci ha seguito finora!
Un abbraccio di luce e pace per tutti!

Juan Segundo

giovedì 10 ottobre 2013

Il Signore viene: sono pronto?



Ma siamo pronti ad accogliere la nuova era, la nuova vita?

Siamo pronti ad accogliere il Signore che tornerà sulle nubi del cielo?

Dice il vangelo di Matteo (24,30):
allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria.

Il tempo è quasi compiuto.

Ma noi siamo pronti?

Non so voi, ma io: no.

Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto. Sì, Amen! Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente! (Ap 1, 7-8)

Quando il Signore verrà (non sappiamo quando, ma state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà – Mt 24,44) avrò ancora un sacco di cose da fare.

Non ho mai rubato (che io ricordi) né ucciso nessuno (di questo sono sicuro), ma dovrò chiedere perdono a molte persone alle quali, nell’arco della mia vita, ho fatto del male, ho causato sofferenze.

Dovrò io stesso perdonare persone che hanno fatto del male a me, perché non perdonare è anch’esso un contravvenire al comando del Signore:

non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato (Lc 6,37)

Ecco, non dovrò giudicare. Un giudizio, in verità, è indispensabile  (dobbiamo capire cosa e chi ci sta intorno!), ma il mio deve essere un giudizio d'amore e non di condanna. Devo mettermi nei panni dell'altro, non guardarlo dall'alto della mia presunta superiorità spirituale.
E poi ancora, dovrò imparare ad avere veramente fiducia nella Parola del Signore, perché 
il suo animo è saldo; Tu gli assicurerai la pace, pace perché in Te ha fiducia (Isaia 26,3).

Dovrò capire che Dio mi cinge di forza, rende sicura la mia via (2Samuele, 22,33)  e che Egli darà ordine ai suoi Angeli di custodirti in tutti i tuoi passi (Salmo 90,11).
Perciò: di cosa ancora ho paura che non avanzo sicuro nella strada del Signore?

Ed infine dovrò perdonare me stesso, che è la cosa più difficile perché dovrei ammettere che la misericordia di Dio è più grande delle mie mancanze e dei miei peccati:
tu hai agito verso di noi, Signore Dio nostro, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia (Baruc 2,27).

Questo è l'orgoglio, che riduce l'uomo ad un semplice animale:
L'orgoglio dell'uomo ne provoca l'umiliazione,
l'umile di cuore ottiene onori.
(Proverbi 29,23)
Infatti studiamo tanto, ci rivolgiamo a tante dottrine umane, facciamo tanti progetti, ma dimentichiamo sempre che ciò che conta è ciò che facciamo, ciò di cui ci riempiamo il cuore, non ciò di cui ci riempiamo la testa.

Così come ci ricorda il maestro Omraam:


Troppi discepoli di un insegnamento spirituale non comprendono ancora la necessità della pratica. Si immergono in opere di Kabbalah, di astrologia, di magia, di alchimia, di spiritualità indiana o altro ancora e ne fanno oggetto di conversazioni in cui ciascuno cerca di emergere con il sapere recentemente acquisito.
Costoro non hanno imparato nulla riguardo
all’umiltà, alla purezza, alla pazienza, alla bontà, alla gratitudine; non sanno vivere in armonia con gli esseri umani e con tutta la creazione, ed è per questo che alla prima occasione sono turbati, malati: le loro letture li hanno condotti sul ciglio di un baratro.

Non crediate dunque di poter accedere ai grandi misteri, risolvere l’enigma dell’universo o ricevere l’Iniziazione tanto facilmente; e non crediate neppure che, occupati come siete in quei progetti grandiosi, possiate trascurare certe attività della vita quotidiana tanto indegne di voi, come per esempio tutte le verità elementari che potrebbero illuminare il vostro cammino. Sì, perché sono proprio quelle elementari le verità più importanti: se le applicherete, troverete il giusto atteggiamento e continuando a studiare sarete protetti.

Il tempo è quasi compiuto.
Non so, voi, ma io ho ancora molta strada da fare.
E il Signore sta arrivando.
Lascio l'ultima parola ad un altro maestro, Osho, il quale dice che:

... la saggezza non è mai presa in prestito, non ha nulla a che vedere con il sapere, con l’informazione; non ha nulla a che fare con i testi sacri, le dottrine, i sistemi filosofici. È la tua esperienza personale, individuale ed autentica.

Juan Segundo

lunedì 7 ottobre 2013

Povertà



Qualche piccola riflessione, oggi, sulla povertà.
Il dizionario dice che la povertà è la mancanza o la scarsità di qualcosa.
Possiamo distinguere tre tipi di povertà e quindi di povero:
1. colui che è povero di beni materiali
2. colui che è povero di beni spirituali
3. il cosiddetto povero di Jahve.
Naturalmente questo è un blog che tratta di argomenti spirituali, perciò la nostra attenzione sarà concentrata maggiormente su quest’aspetto.
È facile capire chi sia il povero di beni materiali, perciò non mi soffermerò su questo.
Cerco di dire qualcosa sul povero di beni spirituali.
Questa categoria presuppone un pensiero sottostante: i beni spirituali (la fede, la Parola di Dio…) sono una ricchezza, o comunque sono una necessità, alla stregua del pane, dei vestiti, del lavoro. Che in termini pratici, significa: così come se non soddisfo la mia fame, il mio bisogno di dormire o la mia sessualità non posso essere appagato, sereno e quindi felice, anche il soddisfacimento delle richieste di beni spirituali porta ad uno stato di appagamento, serenità, felicità.
L’uomo ha sperimentato nel corso della sua storia che lontano da Dio non trova riposo, come dice il Salmo: Solo in Dio riposa l'anima mia (Sal 61,2).
Allora chi è lontano dalla Parola del Signore, chi non coltiva la fede che sente, è povero, così come chi non ha il pane o i vestiti.
Da qui possiamo ora partire per incontrare il terzo tipo di povero di cui parla la Scrittura Sacra cristiana.
Il profeta Isaia dice (Is 66,2):

Su chi volgerò lo sguardo?
Sull'umile e su chi ha lo spirito contrito
e su chi teme la mia parola.

Ecco il povero di Jahve: colui che si spoglia dell'attaccamento alle cose terrene per essere più pronto e più aperto ad incontrare il Signore.
Egli ha lo spirito contrito, cioè si riconosce peccatore di fronte alla bontà e alla grandezza e misericordia di Dio; egli teme la sua Parola, cioè ha riverente rispetto della Parola di Dio perché sa che è guida sicura e veritiera sulla strada della vita.
Spogliarsi delle cose terrene non vuol dire, tuttavia, decidere di andare a dormire sotto i ponti e di vivere dell’elemosina della gente. Significa, invece, dare la giusta importanza a ciò che di materiale ci circonda, comprendere cosa è indispensabile per vivere e ciò che risulta superfluo, non necessario.
Si racconta una storia legata a Francesco d’Assisi (che potete trovare nella Leggenda Maggiore di S. Bonaventura) che ci può dare un esempio concreto di cosa significhi la vera povertà.
Durante una quaresima, Francesco per occupare anche le briciole di tempo, aveva fatto un piccolo vaso che gli serviva per prendere l’acqua. Ma siccome durante la preghiera il pensiero di come fosse venuto bene quel vaso lo distraeva, mosso dal fervore dello spirito, lo bruciò, dicendo: “ Lo sacrificherò al Signore, al quale mi ha impedito di fare il sacrificio.”
Dunque il possesso di quel vaso era di per sé cosa buona, visto che Francesco lo usava, ma poiché era diventato fonte di superbia, lo aveva distrutto.
Questa è la vera povertà, quella di spirito, perché è una condizione scelta e non subita.
Vera povertà significa saper dare il giusto peso alle cose, saper capire cosa può diventare una zavorra pesante e ingombrante nella nostra vita e cosa invece ci fa spiccare il volo nello spirito.
Un episodio narrato nel libro dell’Esodo (cap. 16) ci aiuta a capire.
Gli ebrei nel deserto si lamentarono col Signore perché non avevano da mangiare, così Jahve mandò loro la manna,
una cosa minuta e granulosa, minuta come è la brina sulla terra. … Mosè disse loro: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo. Ecco che cosa comanda il Signore: Raccoglietene quanto ciascuno può mangiarne, un omer a testa, secondo il numero delle persone con voi. Ne prenderete ciascuno per quelli della propria tenda». Così fecero gli Israeliti. Ne raccolsero chi molto chi poco. Si misurò con l'omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava: avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne. Poi Mosè disse loro: «Nessuno ne faccia avanzare fino al mattino». Essi non obbedirono a Mosè e alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputridì. Mosè si irritò contro di loro. Essi dunque ne raccoglievano ogni mattina secondo quanto ciascuno mangiava; quando il sole cominciava a scaldare, si scioglieva.
Ciò che di più possediamo, seppur ci sembra necessario, diventa un peso da portare.
Il libro dei Proverbi (30,8) dice, ancora:
tieni lontano da me falsità e menzogna,
non darmi né povertà né ricchezza;
ma fammi avere il cibo necessario.
Per quanto possiamo accumulare ricchezze o cose che ci sembrano indispensabili, di esse non rimarrà niente alla fine della nostra vita, per questo Gesù dice: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi. (Marco 10,21).
Allora può essere ricco un barbone che vive sotto i ponti e povero un capitano d’azienda che tratta meglio di se stesso i propri operai.
Povero è, ancora, chi non resta attaccato alla propria vita, come se fosse indispensabile raggiungere le (false) mete a cui tantissimi anelano.
E concludo con un pensiero del maestro spirituale Osho:
Ogni tanto tenta di vivere e basta... Vivi semplicemente. Non lottare e non forzare la vita. Osserva in silenzio ciò che accade. Lascia accadere ciò che accade. Permetti a ciò che è, di esistere. Lascia cadere ogni tensione e lascia che la vita fluisca, che accada. 
Juan Segundo